martedì 3 aprile 2018

IL FOOTBALL DA CAPORETTO A VITTORIO VENETO

3. Le drammatiche giornate di Caporetto e il “caso” Cadorna (Parte II)

Il giorno successivo, Il 29 ottobre, tutti i quotidiani italiani riportavano in prima pagina il tremendo bollettino di guerra firmato dal Capo di Stato Maggiore dell'esercito Cadorna che di fatto rendeva edotta la popolazione italiana della disfatta che si stava consumando sul fronte Giulia:
La violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti della seconda armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all'avversario di penetrare nel sacro suolo della Patria.
La nostra linea si ripiega secondo il piano stabilito. I magazzini ed i depositi dei paesi sgombrati sono stati distrutti. Il valore dimostrato dai nostri soldati in tante memorabili battaglie combattute e vinte durante due anni e mezzo di guerra dà affidamento al Comando Supremo che anche questa volta l'esercito al quale sono affidati l'onore e la salvezza del Paese saprà compiere il proprio dovere.”1
Il bollettino suscitò comprensibilmente paura e fortissime polemiche. Molte di queste ruotavano attorno al “tono” usato da Cadorna, tanto che alcuni ambasciatori, tra i quali Imperiali a Londra, provarono a bloccarne la pubblicazione, sostituendolo con un secondo bollettino, emanato alcune ore più tardi dal ministro Scialoja. In effetti a Londra venne pubblicato questo secondo bollettino, il quale seppur mantenendo ferma la sostanza drammatica del primo, usava toni meno duri e meno apertamente accusatori nei confronti di alcuni reparti d'armata. Il punto era uno e uno soltanto: il bollettino di Cadorna comunque era arrivato alle ambasciate e ai giornali e il suo contenuto e la drammaticità del linguaggio adoperato avevano impressionato notevolmente la stampa inglese, la quale se anche non lo pubblicò, ovviamente ne rimase influenzata nei commenti e soprattutto iniziò seriamente a considerare quanto avrebbe potuto “tenere” il nostro Paese. È lo stesso Imperiali che lo dice apertamente a Sonnino2. Sulle impressioni non positive che questo bollettino suscitò in giro per l'Europa ne dà un esempio Sonnino in un telegramma inviato allo stesso Cadorna il 30 ottobre dove spiega senza giri di parole che “constatando e segnalando ufficialmente gravi deficienze delle truppe italiane” si correva il rischio di spegnere il desiderio degli altri Governi di mandare aiuti all'Italia e di “disperdere il capitale di simpatia stima e sentimento di solidarietà acquistato in due ani e mezzo di lotta”. In altri termini, Sonnino manifestava il proprio terrore che l'Italia perdesse credibilità come alleato e come Nazione in grado di portare un contributo determinante alla vittoria finale.3 
Il testo del bollettino che tanto faceva discutere e che abbiamo riportato più sopra in verità si differenziava lievemente rispetto al testo del bollettino di guerra n.887 firmato da Cadorna, soprattutto nell'utilizzo di una durissima espressione, poi cancellata nel testo dato alla stampa. Il testo firmato, riveduto ed approvato da Cadorma era il seguente: “La mancata resistenza di reparti della seconda Armata vilmente ritiratisi senza combattere ignominiosamente arresasi al nemico, ha permesso alle forze austro germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. (...)”4. Cadorna stesso, successivamente a quegli eventi, spiega il perchè di quel durissimo bollettino, giustificando l'utilizzo di quelle espressioni per una duplice ragione. Prima di tutto – sostiene – nel biasimare il comportamento di alcuni reparti e contemporaneamente nell'esaltare il comportamento opposto della Terza Armata voleva – o quantomeno questo era il suo scopo – dimostrare che non tutto l'Esercito era in rotta ma esistevano reparti che ancora credevano alla vittoria e si battevano per essa. In altre parole limitando la responsabilità ad alcuni reparti si limitava anche la sfiducia che avvolgeva tutto l'Esercito. La seconda ragione addotta da Cadorna era che “le piaghe vanno curate a tempo col ferro e col fuoco, non con le ipocrisie di una falsa pietà patriottica.(...) La macchia c'era, era meglio, secondo me, che l'esercito e il Paese sentissero subito la necessità di lavarla.”5
Il piano di battaglia predisposto da Cadorna dopo quelle drammatiche giornate prevedeva una strenua difesa a tenaglia sul fronte a Nord e su quello della Giulia, predisponendo un ulteriore ripiegamento di resistenza ad oltranza in Carnia e in Cadore6. Il 31 ottobre Raffaele Garinei così annotava sul suo diario:
La nostra manovra è riuscita: il piano austro-tedesco tendeva all'accerchiamento della Terza Armata e allo schiacciamento dell'Armata della Carnia: ma le nostre truppe sono sfuggite alla tenaglia.”7
Il 1° novembre 1917 il Re accoglieva le dimissioni del Ministero Boselli e affidava a Orlando l'incarico di formare il nuovo Governo che giurava nello stesso giorno8.



1Cfr. La Stampa del 29 ottobre 1917, n°300.
2DDI, Serie V, Vol. IX, n.301 e 315
3DDI, Serie V, Vol. IX, n.320
4DDI, Serie V, Vol. IX, n.299. Nota: la sottolineatura nel testo è nostra, a segnalare la frase che tanto fece discutere.
5Il testo è tratto dalla “memoria” che Cadorna presentò alla Commissione d'Inchiesta e pubblicata da Cadorna stesso nel suo Pagine polemiche, Milano, Garzanti, 1951, pagg. 253-256. Qui è ripreso da una nota in calce a DDI, Serie V, Vol. IX, n.299
6DDI, Serie V, Vol. IX, n.310
7Cfr. Il Secolo illustrato – Lo sport illustrato e la guerra del 01 dicembre 1917, n° 23
8DDI, Serie V, Vol. IX, n.338

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