3. Le
drammatiche giornate di Caporetto e il “caso” Cadorna (Parte II)
Il giorno successivo, Il 29 ottobre, tutti i quotidiani italiani
riportavano in prima pagina il tremendo bollettino di guerra firmato
dal Capo di Stato Maggiore dell'esercito Cadorna che di fatto rendeva
edotta la popolazione italiana della disfatta che si stava consumando
sul fronte Giulia:
“La
violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti
della seconda armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di
rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. Gli sforzi
valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire
all'avversario di penetrare nel sacro suolo della Patria.
La
nostra linea si ripiega secondo il piano stabilito. I magazzini ed i
depositi dei paesi sgombrati sono stati distrutti. Il valore
dimostrato dai nostri soldati in tante memorabili battaglie
combattute e vinte durante due anni e mezzo di guerra dà affidamento
al Comando Supremo che anche questa volta l'esercito al quale sono
affidati l'onore e la salvezza del Paese saprà compiere il proprio
dovere.”1
Il
bollettino suscitò comprensibilmente paura e fortissime polemiche.
Molte di queste ruotavano attorno al “tono” usato da Cadorna,
tanto che alcuni ambasciatori, tra i quali Imperiali a Londra,
provarono a bloccarne la pubblicazione, sostituendolo con un secondo
bollettino, emanato alcune ore più tardi dal ministro Scialoja. In
effetti a Londra venne pubblicato questo secondo bollettino, il quale
seppur mantenendo ferma la sostanza drammatica del primo, usava toni
meno duri e meno apertamente accusatori nei confronti di alcuni
reparti d'armata. Il punto era uno e uno soltanto: il bollettino di
Cadorna comunque era arrivato alle ambasciate e ai giornali e il suo
contenuto e la drammaticità del linguaggio adoperato avevano
impressionato notevolmente la stampa inglese, la quale se anche non
lo pubblicò, ovviamente ne rimase influenzata nei commenti e
soprattutto iniziò seriamente a considerare quanto avrebbe potuto
“tenere” il nostro Paese. È lo stesso Imperiali che lo dice
apertamente a Sonnino2.
Sulle impressioni non positive che questo bollettino suscitò in giro
per l'Europa ne dà un esempio Sonnino in un telegramma inviato allo
stesso Cadorna il 30 ottobre dove spiega senza giri di parole che
“constatando e
segnalando ufficialmente gravi deficienze delle truppe italiane” si
correva il rischio di spegnere il desiderio degli altri Governi di
mandare aiuti all'Italia e di “disperdere
il capitale di simpatia stima e sentimento di solidarietà acquistato
in due ani e mezzo di lotta”.
In altri termini, Sonnino manifestava il proprio terrore che l'Italia
perdesse credibilità come alleato e come Nazione in grado di portare
un contributo determinante alla vittoria finale.3
Il testo del bollettino che tanto faceva discutere e che
abbiamo riportato più sopra in verità si differenziava lievemente
rispetto al testo del bollettino di guerra n.887 firmato da Cadorna,
soprattutto nell'utilizzo di una durissima espressione, poi
cancellata nel testo dato alla stampa. Il testo firmato, riveduto ed
approvato da Cadorma era il seguente: “La
mancata resistenza di reparti della seconda Armata vilmente
ritiratisi senza combattere ignominiosamente arresasi
al nemico, ha permesso alle forze austro germaniche di rompere la
nostra ala sinistra sulla fronte Giulia. (...)”4.
Cadorna stesso, successivamente a quegli eventi, spiega il perchè di
quel durissimo bollettino, giustificando l'utilizzo di quelle
espressioni per una duplice ragione. Prima di tutto – sostiene –
nel biasimare il comportamento di alcuni reparti e contemporaneamente
nell'esaltare il comportamento opposto della Terza Armata voleva –
o quantomeno questo era il suo scopo – dimostrare che non tutto
l'Esercito era in rotta ma esistevano reparti che ancora credevano
alla vittoria e si battevano per essa. In altre parole limitando la
responsabilità ad alcuni reparti si limitava anche la sfiducia che
avvolgeva tutto l'Esercito. La seconda ragione addotta da Cadorna era
che “le piaghe
vanno curate a tempo col ferro e col fuoco, non con le ipocrisie di
una falsa pietà patriottica.(...) La macchia c'era, era meglio,
secondo me, che l'esercito e il Paese sentissero subito la necessità
di lavarla.”5
Il
piano di battaglia predisposto da Cadorna dopo quelle drammatiche
giornate prevedeva una strenua difesa a tenaglia sul fronte a Nord e
su quello della Giulia, predisponendo un ulteriore ripiegamento di
resistenza ad oltranza in Carnia e in Cadore6.
Il 31 ottobre Raffaele Garinei così annotava sul suo diario:
“La
nostra manovra è riuscita: il piano austro-tedesco tendeva
all'accerchiamento della Terza Armata e allo schiacciamento
dell'Armata della Carnia: ma le nostre truppe sono sfuggite alla
tenaglia.”7
Il
1° novembre 1917 il Re accoglieva le dimissioni del Ministero
Boselli e affidava a Orlando l'incarico di formare il nuovo Governo
che giurava nello stesso giorno8.
1Cfr.
La Stampa del 29 ottobre
1917, n°300.
2DDI,
Serie V, Vol. IX, n.301 e 315
3DDI,
Serie V, Vol. IX, n.320
4DDI,
Serie V, Vol. IX, n.299. Nota: la sottolineatura nel testo è
nostra, a segnalare la frase che tanto fece discutere.
5Il
testo è tratto dalla “memoria” che Cadorna presentò alla
Commissione d'Inchiesta e pubblicata da Cadorna stesso nel suo
Pagine polemiche, Milano,
Garzanti, 1951, pagg. 253-256. Qui è ripreso da una nota in calce a
DDI, Serie V, Vol. IX, n.299
6DDI,
Serie V, Vol. IX, n.310
7Cfr.
Il Secolo illustrato – Lo sport illustrato e la guerra
del
01 dicembre 1917, n° 23
8DDI,
Serie V, Vol. IX, n.338
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