mercoledì 22 marzo 2017

WALKIN'ON THE FOOT-BALL: LA “GUERRA DI SECESSIONE” NEL CALCIO ITALIANO

1. LA “GUERRA DI SECESSIONE” NEL CALCIO ITALIANO: PRODROMI 
 

Venti di guerra soffiavano sempre più violenti nel mondo del calcio del dopoguerra. Il dissidio tra le grandi e piccole squadre si manifestò in tutta la sua drammaticità nell'assemblea federale del 4 luglio 1920, assemblea nella quale venne affrontato dapprima il problema della sede federale. La scelta cadde su Milano, che venne votata dalle società minori, ma suscitò la protesta di ben 47 società tra le più forti del panorama italiano, guidate dai club piemontesi e liguri che diedero vita alla Lega Italiana del Gioco del Calcio (L.I.G.C.).
Si acuiva ancora una volta il contrasto tra le grandi e le piccole società, contrasto che interessava sempre la solita annosa questione relativa alla partecipazione – e quindi alla visibilità e agli incassi – al massimo campionato. Le grandi società chiedevano una più ristretta partecipazione di squadre al campionato, giustificando tale richiesta con un presunto miglioramento del livello di gioco che tale restrizione avrebbe necessariamente portato. Le altre, invece, erano convinte che una maggiore rappresentanza di compagini avrebbe “infallibilmente” allargato il discorso propagandistico del calcio appena iniziato. La verità, con tutta probabilità, era quella molto bene sintetizzata dal Ghirelli nella sua Storia del calcio in Italia: “Per le società minori l'esclusione dal massimo campionato equivaleva ad un colpo mortale per le incerte finanze”.
Quali fossero le reali motivazioni, la minaccia di scissione era reale. E le società minori lo capirono velocemente. Il 19 settembre 1920 si tenne un'assemblea generale straordinaria – ove presenziarono 94 società – che nominò un comitato provvisorio di 11 membri, al quale vennero riconosciuti i più ampi poteri di trattare con la L.I.G.C. L'accordo venne raggiunto il 25 settembre e ratificato nel Consiglio Federale del 2 ottobre 1920:
Le Società della L.I.G.C. convenute in Assemblea in Torino la sera del 25 settembre, sentita la relazione della presidenza, consce della necessità e dell'utilità dell'unione delle forze calcistiche, approvano quanto è stato concordato con i rappresentati della F.I.G.C. e riconfermano la fiducia nell'attuale presidenza che deve essere designata a reggere la Federazione.”
Scampato dunque il pericolo della scissione, tutti gli attori del calcio italiano si trovarono di fronte ad un campionato – quello 1920/21 – monstre al quale parteciparono ben 88 squadre: iniziato il 18 settembre con le qualificazioni, vide il termine soltanto il 24 luglio 1921 con la finalissima di Torino (Pro Vercelli – Pisa = 2-1), dopo oltre 10 mesi di gare!
Il problema, dunque, non era stato risolto ma soltanto spostato più in là nel tempo: tutti volevano giocare nel massimo campionato e nessuno era disposto ad arretrare dalle proprie rivendicazioni. Con queste premesse la stagione successiva non andava a nascere sotto i migliori auspici.
 

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