DOVE
ERAVAMO RIMASTI: IL FOOTBALL IN TRINCEA
“(...)
i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo
risalgono in disordine senza speranza le valli, che avevano disceso
con orgogliosa sicurezza”
Con queste parole il generale Armando Diaz chiudeva il
bollettino del 4 novembre 1918 delle ore 12, il bollettino della
vittoria italiana sull'Austria-Ungheria. Cessava così in suolo
italiano il primo conflitto mondiale e si poteva tornare a parlare di
calcio.
E lo faremo anche noi, ricominciando da dove avevamo
interrotto.
Il
campionato di massima divisione era fermo ormai dalla fatidica
domenica del 23 maggio 1915, quando venne sospeso a seguito della
dichiarazione di guerra italiana. Nei tre anni successivi si giocò
al football in modo sempre più sporadico. Dal dicembre 1915 al 20
aprile 1916 si disputò la Coppa Federale,
alla quale non parteciparono le squadre venete – perché troppo
vicine al fronte della guerra – e le squadre del centro-sud – per
i soliti problemi logistici dettati dalla distanza; la vittoria andò
al Milan
che nel girone finale mise in fila Juventus, Modena, Genoa e Casale.
Il calcio, dunque, non venne completamente travolto
dalla follia del conflitto mondiale.
L'anno seguente, nel 1917, non venne ripetuta la Coppa
Federale ma al calcio si giocò nelle città: significativa la
partita tra Milan e U.S. Milanese del 28 ottobre, pochissimi giorni
dopo la disfatta di Caporetto, giocata a Milano e valida per la Coppa
Mauro (nuovo presidente della F.I.G.C.) che potremmo anche definire
il torneo di guerra più importante che si disputò tra il 1917 e il
1918 e che vide impegnate alcune squadre lombarde. Sempre nel 1917
tante squadre si affrontarono per aggiudicarsi coppe e trofei
regionali, oltre al campionato di terza categoria che non venne mai
interrotto.
Fu in quel clima che si arrivò al 1918, l'anno della
svolta. Nei lunghi mesi di guerra il calcio aveva rappresentato uno
sfogo, un modo per i soldati di distrarsi dagli orrori quotidiani e
si era giocato anche al fronte, nelle retrovie, in Italia come negli
Imperi Centrali e in Francia. Moltissimi di coloro che erano stati
giocatori negli anni immediatamente antecedenti allo scoppio del
conflitto si ritrovarono soldati, e molti di essi non fecero più
ritorno a casa, trovando la morte sul campo di battaglia. Più della
metà dei giocatori di Verona e Udinese persero la vita, ma non
furono purtroppo gli unici: quasi tutte le società del periodo
contarono vittime tra giocatori e dirigenti.
Dicevamo del 1918. A Milano, il giorno dell'Epifania, si
disputò un incontro tra una squadra composta da giocatori della
città e una formata da giocatori della provincia; in marzo venne
organizzata una partita tra una rappresentativa di giocatori italiani
in servizio presso il XX autoparco a Modena e una rappresentativa di
militari del Belgio. A fine anno a Valona, in Albania, la
rappresentativa militare italiana venne sconfitta dalla formazione
inglese del Weymouth; a Milano, nelle domeniche del 24 novembre e 1°
dicembre, grazie al dirigente dell'U.S.Milanese Aldo Molinari, venne
disputato il “torneo militare della vittoria” che vide il
prevalere del XX Autoparco di Modena per 3-1 sul I Autoparco di
Verona.
Tornata, si fa per dire, la pace con la fine della
guerra, in Italia si ricominciò a parlare di pallone e di
organizzazione, ma il quadro sociale era profondamente mutato
rispetto a cinque anni prima. La violenza si era radicalizzata,
alimentata dalle spaventose condizioni di povertà in cui versava la
nazione. Frustrazione, odio, voglia di rivalsa e fermenti di
ribellione caratterizzarono un'intera generazione, una generazione
nuova rispetto al passato che diede – a livello calcistico – una
nuova leva di giocatori, vogliosa come mai prima di affermarsi.
Quella che si affacciava sulla scena calcistica alla ripresa
dell'attività era una figura di calciatore diversa dalla precedente,
non più di ceto medio alto, anzi, ora molti di quei nuovi giocatori
provenivano dalle trincee e dalle campagne e comunque da zone sino ad
allora poco note al mondo del football. Se l'esperienza della trincea
aveva in qualche modo fatto da culla alla società di massa, ora il
calcio era pronto a fare da volano alla nuova società e a diventare
esso stesso grande fenomeno di massa.
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