venerdì 14 ottobre 2016

LA CARTA DI VIAREGGIO DEL 1926

2. la “fascistizzazione” del calcio

Il calcio italiano degli anni'20 era scosso da violenti polemiche e duri scontri al proprio interno che fomentavano la già di suo inquieta folla che sempre più seguiva, discuteva e si appassionava alle vicende calcistiche. A ciò si accompagnava una grave crisi finanziaria e di “potere” che attanagliava gli enti del calcio dell'epoca. Quel che accadde nel 1926 offrì il pretesto al regime per rafforzare in maniera decisiva la sua presenza e la sua influenza all'interno delle strutture calcistiche.
Tutto prese avvio dalla proclamazione di uno sciopero della classe arbitrale nel maggio di quel 1926, dopo che la Federazione annullò la vittoria del Casale sul Torino del 7 febbraio a seguito delle vibranti proteste dei granata adducendo quale motivazione il fatto che l'arbitro non “avrebbe diretto con la dovuta serenità” l'incontro1.
Già da alcuni anni una commissione di “saggi” stava lavorando per una strutturale riforma del calcio e proprio nella primavera del'26 questa statuì per il Regolamento arbitrale una bizzarra norma che prevedeva la possibilità per le società di indicare un certo numero di arbitri “non graditi”, i quali per tutta la stagione non avrebbero arbitrato quelle squadre. L'Annuario del Giuoco del Calcio italiano nell'edizione del 1929 riporta per intero il testo della norma, prevista all'art.11 del Regolamento degli Arbitri:
Ogni società, entro 10 giorni dal ricevimento dell'elenco degli arbitri, avrà diritto di indicare alla Commissione sportiva (federale) un numero di arbitri non superiore all'8% del totale contenuto nell'elenco stesso. La Commissione stessa per tutta la stagione sportiva iniziantesi, non dovrà destinare tali arbitri alla direzione delle partite che la società che li ha indicati dovrà disputare sia sul proprio campo sia su campo avversario.
Le Società non sono tenute a dichiarare i motivi della indicazione salvo si tratti di casi di indegnità”2
Ovviamente questa norma non venne accolta bene dal mondo arbitrale e al termine di una riunione tra tutti gli arbitri, il 30 maggio 1926 l'Associazione degli Arbitri emanò un durissimo comunicato:
Il Consiglio plenario dell'Associazione Italiana degli Arbitri, riunito ieri a Milano, presa in esame la situazione creatasi in seguito alle ultime decisioni degli Enti Federali (…) delibera alla unanimità di invitare i colleghi di tutte le categorie a ritornare alla Commissione sportiva entro il giorno 5 giugno 1926 la tessera di arbitro, spontaneamente rinunciando ad assolvere l'ufficio, che non è più tutelato da leggi scritte, ma è abbandonato all'arbitrio di parte.3
In una parola, sciopero.
Insomma c'era il concreto rischio che il campionato non vedesse la fine perchè ovviamente non si poteva giocare senza arbitro, ma fu qui che intervenne in maniera decisa il regime. Per trovare una soluzione venne investito della questione il C.O.N.I. - ente controllato dal regime – il cui presidente, come abbiamo visto, già dal 1925 era Lando Ferretti, nominato direttamente da Mussolini. Ferretti ci mise molto poco ad intervenire: ordinò l'immediata cessazione dello sciopero arbitrale e la ripresa del campionato e il 7 luglio nominò una commissione di tre saggi (Mauro, Foschi, Graziani) con il compito di riformare radicalmente l'organizzazione calcistica italiana. Nello specifico ai tre esperti venne demandata la soluzione alle seguenti questioni:
a) Assegnazione delle Società alle varie categorie e organizzazione dei campionati;
b) Classifica dei giocatori;
c) Sistemazione tributaria;
d) Gerarchie dell'ente
Da quella commissione, il 2 agosto, nel giro di sole tre settimane, venne emanata la cosiddetta “Carta di Viareggio” che modificava in senso sostanziale tutta l'attività calcistica italiana e che successivamente andremo nel dettaglio ad analizzare.
Così il 3 agosto 1926 il quotidiano “La Stampa” dava la notizia:
In una sala del Municipio di Viareggio si è riunita questa mattina e nel pomeriggio di oggi la presidenza del C.O.N.I. per la sistemazione della Federazione Italiana del Giuoco del Calcio (…)
Dopo un breve rendiconto finanziario, i convenuti hanno ricevuto una Commissione delle Società di Prima Divisione escluse dalla Divisione Nazionale. Nel pomeriggio, poi, ha avuto luogo un'ampia discussione alla quale hanno preso parte quasi tutti gli intervenuti e che si è conclusa con l'accettazione della proposta degli esperti. I punti fondamentali della riforma dell'Ente calcistico stabiliscono tra l'altro che i giuocatori vengano divisi in due categorie: dilettanti e non dilettanti.
Alle Società iscritte al Campionato Italiano è fatto divieto di allineare nei propri ranghi giuocatori di nazionalità straniera: come norma transitoria è ammesso per gli anni 1926-27 il tesseramento di due giuocatori da parte di ciascuna Società, con l'obbligo però di non farne partecipare più di uno per ciascuna partita. Sono stati poi presi provvedimenti circa il trasferimento dei giuocatori e si è fissata la data di inizio Campionato italiano, che verrà diviso in due gruppi.
Si è proceduto infine alla costituzione di un Comitato Tecnico arbitrale, con sede a Milano.”4



1Carlo, F., Chiesa, La grande storia del calcio italiano , pubblicata a puntate su GS Guerin Sportivo
2Cfr. Annuario del Giuoco del Calcio italiano, 1929
3 Cfr. La Stampa del 31 maggio 1926
4 Cfr. La Stampa del 3 agosto 1926

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