venerdì 6 maggio 2016

WALKIN'ON THE FOOT-BALL: FRANCESCO “FRANZ” CALI'

Legò indissolubilmente il suo nome a quello della Nazionale perchè lui fu il capitano del primo storico incontro che l'Italia giocò contro la Francia nel maggio del 1910, a Milano.
Calì, però, fu molto altro per il calcio pionieristico nostrano.
Nato in un paesino in provincia di Catania, a seguito di problemi economici della ditta del padre con la famiglia si trasferì a Zurigo e lì iniziò a giocare al pallone in una squadra locale mettendosi ben presto in luce come promettente attaccante e meritando il trasferimento all'Urania di Ginevra.
Di quegli anni Ossola e Tavella nel loro Cento anni di calcio italiano riportano una testimonianza di Vittorio Pozzo che incontrò Calì da avversario durante i suoi studi a Zurigo: “Ci andammo addosso l'uno l'altro piuttosto malamente. Rimasti ambedue a terra e sentita una mia parola di scusa in tedesco, giacché lo ritenevo tale, mi rispose, ridendo, in pieno e schietto genovese: 'Con me puoi parlare italiano, io sono de Zena'”
Ormai era di nuovo tempo di fare i bagagli e rientrare in Italia, a Genova, dove il padre riprese i suoi commerci in vino. Il giovane Calì giocò per un anno nel Genoa, giusto in tempo per perdere la finale del campionato del 1901 e quindi si trasferì nella Società ginnastica Andrea Doria e con la sua passione riuscì ad aprire la sezione calcio ed ad organizzare – come giocatore, allenatore e capitano – la squadra di calcio dell'Andrea Doria, con la quale già nel 1902 vinse a pari merito con il Milan il titolo di campione d'Italia nel torneo calcistico indetto dalla Federazione Ginnastica.

Da quel momento il nome di Calì fu per sempre legato a quello dell'Andrea Doria, con la quale giocò per dieci anni, sino al 1911. Lui stesso, in un'intervista rilasciata al giornale Genova Sport nel 1932 ricorda la vittoria che con l'Andrea Doria raccolse ai danni della Juventus in occasione della festa patronale di San Secondo ad Asti nel 1902. Al mattino si giocarono le semifinali e al pomeriggio la finale che si protrasse sino a dopo il tramonto senza che nessuna fosse riuscita a segnare. Allora la vittoria fu decisa dall'arbitro a testa o croce e a vincere furono i genovesi: al cronista al quale Calì raccontò questo episodio commentò con un eloquente “Quelli sì ch'erano tempi!”. Tempi eroici, dove ancora il campionato non era il torneo più importante, anzi, non lo era affatto. Ben più seguito ed ambito era un altro trofeo, la Palla Dapples che Calì e compagni riuscirono a strappare al Genoa nel dicembre del 1904, quando, sul campo di Ponte Carrega, l'Andrea Doria vinse 2-0.

Sicuramente, però, il momento più alto nella carriera di Calì fu, come detto all'inizio, l'aver partecipato al primo incontro della Nazionale italiana, facendolo – per giunta – come capitano. Solo due le sue presenze in Nazionale, ma sempre come capitano: a Milano contro la Francia e a Budapest contro l'Ungheria.
Appese le scarpette al chiodo, continuò come arbitro e come allenatore, presenziando in numerose Commissioni Tecniche che in vari momenti, tra il 1912 e il 1920, guidarono la Nazionale.




Nessun commento:

Posta un commento