venerdì 4 marzo 2016

WALKIN'ON THE FOOT-BALL: HERBERT KILPIN

Tu inglesissimo Kilpin, che assicuravi che il solo rimedio per dimenticare una rete subita è un sorso di whisky, e per questo tenevi una bottiglietta di "Black and White", nascosta in una piccola buca dietro a un palo.”
Così Vittorio Pozzo, non proprio uno qualsiasi, racconta in un paio di righe uno dei più importanti pionieri del calcio italiano, un inglese che qua da noi giocò al football a Torino e Milano lasciando un ricordo indelebile.
Nato a Nottingham nel 1870 da famiglia tutto sommato agiata, poté studiare e trovò ben presto lavoro presso un'industria tessile della città e, soprattutto, si innamorò di un gioco che da quelle parti già andava per la maggiore: il football. Già a tredici anni con alcuni amici fondò una squadra, il Garibaldi, con la quale al sabato andava a giocare nel famoso Halfha Crown round, lo sconfinato spiazzo comprendente più di venti campi da calcio che il Municipio affittava alle società per mezza corona.
La sua non fu una carriera particolarmente brillante, giocò sempre in seconda divisione, prima nel Notts Olympic e poi nel St. Andreus, senza diventare mai un professionista del pallone, mantenendo il proprio posto di lavoro consentendogli però, poco più che ventenne, di imbarcarsi nell'avventura più esaltante della sua vita.
Nel 1891 ricevette infatti una chiamata da un altro personaggio fondamentale per il calcio italiano, Edoardo Bosio che lo chiamò a Torino per impiantare i primi telai meccanici, e i due ben presto scoprirono di avere in comune non solo la conoscenza dell'industria tessile, ma qualcosa che a noi preme molto di più: la passione per il football.
Da noi questo sport si praticava da pochissimo tempo e Kilpin non ci mise tanto a rendersene conto:
Non avevo ancora vent'anni quando venni in Italia, stabilendomi dapprima a Torino. Era il settembre del 1891. Ero arrivato da poche settimane quando, una domenica, il mio carissimo amico e compatriota Savage, valentissimo giocatore, mi invitò ad accompagnarlo in piazza d'armi, per partecipare ad un match. Il football era da pochissimi anni praticato a Torino e a Genova. Quel giorno, si disputava un match amichevole tra la squadra inglese e quella italiana del FC Torinese. Mi invitarono a occupare un posto nella prima linea della squadra inglese. Mi rimboccai i calzoni, deposi la giacca ed eccomi in gara. Mi avvidi di due cose curiose; prima di tutto che non c'era ombra dell'arbitro; in secondo luogo, che mano a mano che la partita si inoltrava, la squadra avversaria italiana andava sempre più ingrossandosi. Ogni tanto uno del pubblico, entusiasmandosi, entrava in gioco, sicchè ci trovammo presto a lottare contro una squadra formata almeno da venti giocatori.”
A Torino giocò sia con il Football Club Torinese sia con l'Internazionale di Torino e con quest'ultima squadra disputò anche due finali del campionato, perdendole però entrambe. Come racconta lo stesso giocatore inglese in una intervista-ricordo rilasciata a Lo Sport Illustrato del febbraio 1915, la sconfitta del 1899 fece da volano alla sua voglia di rivincita e promise ai genoani, che lo avevano battuto, che avrebbe fondato una nuova squadra con la quale li avrebbe finalmente sconfitti. Così, sul finire del 1899, trasferitosi ormai stabilmente a Milano, con alcuni amici connazionali fondò il Milan e riuscì finalmente a vincere il campionato nel 1901, vittoria che poi riuscì a conquistare anche nel 1906 e nel 1907. Chiuse la carriera, ormai trentottenne, l'anno successivo, dopo una partita amichevole giocata con la maglia rossonera contro i francesi del Montreaux.

Morì a soli 46 anni, c'è chi dice per cirrosi epatica, chi per cancro ai polmoni. Nel numero del 1° novembre 1916 Lo Sport Illustrato e la Guerra così ricordava alle nuove generazioni ciò che era stato Kilpin, “un nome magico, che fece vibrare le prime folle di appassionati del delirio sportivo per un grande campione; un nome ch'è quasi tutto nella storia del nostro football.”



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