Nato
a Masnago nel 1891, Carcano aveva iniziato a giocare a football nella
squadra del Nazionale Lombardia, dove da subito si creò la fama di
solido centromediano, tanto che ben presto passò a giocare nella più
prestigiosa società dell'Alessandria, società alla quale è legata
la sua avventura più importante come calciatore.
Emilio
Colombo, sulle colonne de Lo
Sport Illustrato
così ne tratteggiava un profilo nel 1915, quando il giovane
calciatore si stava mettendo in luce come uno dei calciatori italiani
più promettenti del campionato:
“Carcano
è un bel tipo di calciatore. Senza essere un atleta poderoso, senza
disporre di fasci muscolari poderosissimi ed eccessivamente
sviluppati. Carcano è pur sempre un piccolo campione fuori dal
comune. (…) Di statura superiore, e non di poco, alla media,
l'alessandrino di adozione, si fa rimarcare per la possanza del
tronco toracico. Un tronco pieno, tondo da boxeur. Le spalle
spioventi un po' a tutto risalto dell'attaccatura del collo forte e
lungo. Una testa quasi piccola; due limpidi occhi chiari illuminano
il volto d'un aria sbarazzina. Le gambe del giovane calciatore sono
agili, allungate, nervose.”
Sotto
la sapiente guida dell'allenatore inglese Smith – tra i creatori
della scuola
calcistica grigia
dell'epoca – Carcano riuscì ad affinare le proprie capacità e a
crescere esponenzialmente nel gioco tanto che la Commissione Tecnica
lo convocò per l'incontro internazionale del 31 maggio 1915 tra
Italia e Svizzera: avrebbe dovuto essere, quella partita, l'inizio di
una fulgida carriera in azzurro,
ma da lì a pochi mesi la guerra avrebbe travolto tutta l'attività
calcistica internazionale per quattro lunghi anni. Purtroppo per
Carcano la sua carriera in Nazionale contò alla fine soltanto 6
presenze, l'ultima delle quali ancora contro la Svizzera, a Milano,
nel marzo del 1921: poteva essere ben altra la sua carriera, ma gli
anni migliori se li era mangiati la follia della guerra e lo spazio
per l'Azzurro
della Nazionale fu davvero troppo misero in rapporto al talento del
giocatore. Si sarebbe rifatto, come vedremo, nella sua brillante
carriere da allenatore.
Ormai
trentenne, Carcano decise di appendere le scarpette al chiodo e di
vivere così il secondo tempo della sua vita calcistica come
allenatore e fu carriera ricca di successi. Dopo gli inizi alla
Valenzana e all'Internaples e dopo essere tornato ad Alessandria
anche in veste di trainer, sfiorando la conquista del titolo nel
'27/28, fu alla Juventus che Carcano raggiunse l'apice della sua
carriera da allenatore, legando per sempre il suo nome all'epopea
della leggendaria squadra che dal 1930 al 1935 vinse cinque scudetti
consecutivi. Carcano fu tecnico abile, molto attento a tutto ciò che
riguardava l'aspetto organizzativo e
“moderno”,
acuto psicologo che studiava e conosceva il carattere dei propri
giocatori in modo talmente profondo da saper ricavare da ciascuno di
loro il massimo rendimento. Lo stesso Vittorio Pozzo, Commissario
Unico della Nazionale, riconobbe in Carcano doti non comuni e lo
volle al suo fianco nella preparazione della squadra per i Mondiali
del 1934. Attento alla fase difensiva, precursore del Metodo, dava
principalmente importanza a due ruoli su tutti, il centromediano e
l'attaccante arretrato, mentre in difesa ricercava la solidità
affidandosi ai blocchi difensivi.
Sul
finire del 1934 fu al centro di una vicenda di presunta omosessualità
che, in epoca fascista, non poteva essere tollerata e tutte quelle
illazioni finirono con il convincere il presidente della Juventus
Agnelli a sostituirlo. Finito ai margini del mondo calcistico, per
una decina di anni non riuscì più a trovare una panchina di una
squadra di primo livello; soltanto con la fine della guerra
finalmente ritornò ad allenare guidando per tre stagioni
l'Internazionale e poi la Sanremese.
Chiuso
con il calcio, Carcano si ritirò a Sanremo dove morì nell'estate
del 1965.
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