La
separazione dei giochi, da una parte quello alla mano (rugby) e
dall'altro quello giocato con i piedi (foot-ball), permise finalmente
uno scatto evolutivo di entrambi. Nel football questa evoluzione
portò in un primo momento ad una radicalizzazione del
dribbling-game,
che da retaggio del gioco confuso del'700 si affinò in tecnica
stilistica e tattica, modellando a propria immagine i primi giocatori
di football. Il dribbling-game
si sostanziava, infatti, nel portare la palla incollata ai piedi sino
al goal avversario, cercando con il dribbling – appunto – di
evitare gli avversari che a turno cercavano di conquistare il
pallone. Di passaggi non se ne parlava proprio! Anzi, era assai
sconveniente passare la palla perchè, devi sapere, che nella
mentalità e nella visione del gioco dell'epoca il passaggio era
visto come segno di debolezza, di onta. Quindi tutti alla caccia del
pallone e tutti protesi all'attacco, con il solo portiere quale
“ruolo” definito. Magari regnava un po' di anarchia, di
confusione, certo, ma il gioco funzionava ed appassionava, talmente
tanto che giocatori e dirigenti iniziarono a porre in essere dei
correttivi non solo – come abbiamo visto – sul piano
regolamentare ma anche dal punto di vista tattico, rendendo il
football un gioco davvero nuovo rispetto a tutto il resto dei giochi
con la palla. Succedeva che, nella gioiosa anarchia di quelle
partite, il portatore di palla potesse perdere il pallone e allora si
ribaltava prontamente il fronte del gioco e quelli che erano stati
attaccanti diventavano improvvisamente difensori, spesso sbilanciati
in quanto tutti seguivano il proprio portatore di palla e allora si
tentava con ogni mezzo di placcare l'avversario per evitare di subire
una rete. Fu proprio per trovare un rimedio che andasse oltre il
placcaggio e la forza fisica che si adottò quella che possiamo anche
vedere come la prima variante tattica nella storia del football.
Alcuni giocatori, infatti, si posizionarono su più file parallele
tra loro, in modo da coprire con raziocinio una zona più vasta di
campo: il portiere, dunque, trovava finalmente una difesa con il
terzino e il goalcover in una specie di “1-1-8”. Non solo. A
Sheffield si inizia nella seconda metà degli anni'60 a saggiare la
possibilità di passare la palla ai compagni al fine di raggiungere
più facilmente la porta avversaria e così dal dribbling-game
si arriva al passing-game,
che prevedeva l'uso sistematico del palleggio tra compagni.
Parallelamente
in Scozia, che è l'altra grande patria del football, il passing-game
viene giocato con una variante tattica ulteriore che modifica
l'”1-1-8” inglese in un più evoluto “2-2-6”. In estrema
sintesi, se in Inghilterra tra portiere e attacco vi erano due
giocatori, in Scozia l'esperienza e lo studio applicato alla tattica
avevano suggerito di rinforzare la difesa allineando i due terzini,
in modo tale da allargare il campo e – nello stesso tempo – erano
stati fatti arretrare due attaccanti a centrocampo, in fase di
supporto agli avanti: tre linee parallele, difesa, centrocampo e
attacco che giocavano insieme con una fitta rete di passaggi
armonizzata dai movimenti senza palla dei giocatori. Una vera
rivoluzione che prese il nome di combination-game.
Proprio per l'enorme importanza che ebbe questa evoluzione, pare
giusto ricordare il nome della squadra che per prima applicò con
grande successo la nuova variante tattica: il Queen's Park di
Glasgow.
È da questa intuizione che si evolve tatticamente il
football degli anni a venire.
Con gli anni'70 il gioco del football assume infatti un
aspetto tattico e organizzativo molto simile al gioco che oggi
conosciamo. In quel decennio nasce la prima competizione ufficiale
per club al mondo, la FA Cup, viene introdotta la figura del giudice
di gara e in campo le squadre adottano uno schieramento che verrà
utilizzato da tutti sino agli anni'30 del '900. A Cambridge si decide
di mettere mano ancora una volta nello schieramento degli attaccanti
e di arretrare uno di questi all'altezza dei due centrocampisti, in
maniera tale da creare una linea a tre in mediana con il compito di
iniziare l'azione in fase di possesso palla e in fase di non possesso
(tanto per usare due espressioni contemporanee) di contrastare
l'offensiva avversaria.
Sembra niente, ma è il calcio che tutti conosciamo:
davanti al portiere c'è la “terza linea” formata dai due terzini
con compiti prettamente difensivi; la “seconda linea” è quella
di centrocampo, con i tre mediani di destra, di sinistra e il
centromediano di sostegno della linea; davanti c'è la “prima
linea”, l'attacco, composta dai restanti 5 giocatori che hanno il
compito di segnare.
Insomma, il famoso “2-3-5”, il vestito con
cui il calcio si presenterà in Italia, ma di come si giocava a
calcio da noi ne parleremo la prossima volta.
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