lunedì 20 ottobre 2014

Genoa Cricket and Football Club

Come ben saprai, all'inizio il football si giocava in posti un po' strani per le convenzioni dei nostri giorni. Si giocava nelle grandi piazze d'armi, nei velodromi e motovelodromi, nei parchi cittadini.
Prima che iniziasse l'epoca del campionato e dei vari tornei, si giocava per strada, in piazza e – in città come Genova, Palermo, Cagliari, anche sui moli. Poi si andava in trattoria, in osteria o nei caffè a discutere e divertirsi. A socializzare attraverso il calcio. Che forza questo sport, eh?
Proprio a Genova un gruppo di cittadini britannici di stanza nella città ligure diede vita ad una società sportiva pensata per permettere ai connazionali di praticare il cricket e gli altri giochi così cari agli inglesi. Tanto per non sentire la “saudade” in salsa anglosassone. Teatro di quella nascita furono i locali del Consolato britannico, dove questo gruppo di inglesi trovò l'entusiasmo del console di Sua Maestà, tale Alfred Payton, che venne eletto presidente onorario del nuovo club.
La data, caro Frankie, è quella conosciuta da tutti del 7 settembre 1893. il Genoa c'ha costruito il suo personale mito su quella data. E a ragione: quella data sta a certificare che la squadra genovese è la più antica d'Italia, l'unica sopravvissuta tra quelle che animavano il gioco del football tra la fine degli anni'80 e i primi anni'90 del XIX secolo.
Nei primi anni di attività del club, per essere doverosamente onesti, al calcio si giocava molto poco e occorre attendere la seconda metà degli anni'90 per vedere rotolare una palla e un gruppo di ragazzi in mutandoni correrle dietro; occorre attendere, che Richard Spensley diventi socio e trasmetta al resto del club la passione di correre dietro ad una palla. In altre parole, la passione per il football. James Richardson Spensley: te ne avevo già accennato, vero? Medico addetto ai marinai, arrivò a Genova nel 1896 e il 20 marzo di quello stesso anno si iscrisse al Genoa Club. Anche lui, con tutta probabilità, per non sentirsi troppo straniero in una città cosmopolita come era Genova all'epoca. Grande appassionato di football, abbiamo detto, Spensley si prodigò da subito nell'organizzare partite e dimostrazioni di gioco per contagiare gli altri soci della sua stessa passione. Si deve a lui il cambio di denominazione sociale del 1899, quando il termine football sostituì il termine athletic. Non solo. Fu grazie ad una sua iniziativa se nel club tutto britannico del Genoa venne permesso l'ingresso di soci italiani: nell'assemblea del 10 aprile 1897 venne infatti approvata una sua mozione che prevedeva la possibilità di accogliere come soci anche cittadini italiani, in numero non superiore a cinquanta.
Il primo campionato di calcio, nel 1898, come abbiamo già avuto agio di raccontare, lo vinse il Genoa, in divisa completamente bianca. L'anno successivo cambiò la divisa e sfoggiò una bella maglia a strisce bianche e blu: vinse ancora il campionato, come anche nell'anno successivo.
Tre campionati, tre vittorie del Genoa. E vittoria definitiva della coppa d'argento messa in palio dal Duca degli Abruzzi e destinata a chi fosse risultato vincitore di tre titoli italiani. Il Genoa, per l'appunto.
Vittorie tutte ottenute sul campo di Ponte Carrega, la “casa” del Genoa dal 1897 al 1907; prima, invece, le partite si giocavano nella Piazza d'Armi del Campasso, a Sampierdarena, poi quel campo venne lasciato al Liguria e alla Sampierdarenese.
Ad essere pignoli, non tutte queste vittorie il Genoa le colse sul campo di Ponte Carrega: nel 1900 il F.C. Torinese si rifiutò di giocare la finale a Genova e pretese che si giocasse a Torino, dopo le polemiche sorte nella finale dell'anno prima – quella sì giocata a Ponte Carrega – con le accuse mosse dall'Internazionale Torino ai giudici di porta.
Detto ciò, ti lascio con una bella testimonianza di uno dei primi campioni d'Italia del 1898, tratta da L'età dei pionieri, il catalogo del Museo della Fondazione Genoa 1893. Edoardo Pasteur racconta di come era organizzata la giornata della gara a quei tempi:
Nelle nostre gare casalinghe ci si trovava sul campo di buon'ora alle otto e i...dirigenti con un innaffiatoio tracciavano le righe bianche, poi tiravano le corde per delimitare il settore del pubblico; alle dieci arrivava il carro con le sedie, una cinquantina, e si disponevano al centro per le Autorità ed i signori. Alle dodici si faceva colazione in una osteria dietro al campo e alle quindici aveva inizio la partita”

mercoledì 15 ottobre 2014

La Biblioteca del football perduto

QUANDO VINCEVA IL QUADRILATERO di Luca Rolandi
Il calcio delle origini, in questo volume completo e documentato, ritrova tutto il suo splendore, la sua epifania, la sua epica. Rolandi ha firmato un "romanzo del pallone" che dovrebbe entrare come testo nelle scuole. Il football, non dimentichiamolo mai, come disse il poeta inglese e Nobel per la letteratura T. S. Eliot, rappresenta un "elemento fondamentale della cultura contemporanea". Appartiene alla nostra sfera personale, ma anche alla collettività. È di tutti. Soprattutto di chi, almeno una volta, ha provato l'ebbrezza di una rete in rovesciata o di una parata all'incrocio dei pali.
Gli anni d'oro del calcio della provincia piemontese con al comando Alessandria, Casale, Novara, Pro Vercelli e il miracolo della Novese.
“Da tempo non leggevo un’opera simile, capace di mettere insieme il particolare con l’universale, quel gol magistrale con i fatti dell’epoca, dalla cronaca locale all’evento di rilevanza nazionale. E, così, non possiamo rimanere indifferenti davanti alla leggenda della Pro, mito persino in Sudamerica ancora oggi, soprattutto nel mio Brasile, ai fasti dell’Alessandria, a quella incredibile prima volta del Casale, alle stagioni ruggenti del Novara, alla figura superba di Silvio Piola, attaccante di abbagliante bravura e dalla commovente generosità. C’è anche un piccolo spazio per il miracolo dell’Unione Sportiva Novese, che, pur non facendo parte del famoso ‘cartello’ sportivo, ne è stata una appendice gloriosa.” dalla prefazione di Darwin Pastorin

 
Introduzione di Luca Ubaldeschi Prefazione di Darwin Pastorin
Bradipolibri Editore
Dimensione: 15x21
Num. Pag. 184
Prezzo: Euro 16,00
ISBN: 978-88-96184-87-5

Luca Rolandi vive a Torino, giornalista, direttore della Voce del Popolo.

lunedì 6 ottobre 2014

Dall'inizio dei campionati alla morte di Di San Giuliano

Domenica 4 ottobre iniziava il campionato di calcio, con la prima giornata nell'Italia Settentrionale. Di quella prima giornata ci sono da segnalare senza dubbio le dilaganti vittorie del Genoa sul campo dell'Acqui (0-16) e del Milan che sul proprio terreno di via Bronzetti vinse facile per 13-0 contro i modenesi dell'Audax. Ben più avvincente e sorprendente il risultato di Como, dove la squadra di casa, davanti ad un folto pubblico, riuscì a battere l'Internazionale per 3-2 con la rete decisiva segnata nella ripresa da Albonico. Il risultato più eclatante fu comunque senz'altro quello di Milano dove il Nazionale Lombardia riuscì a fermare giocando una gagliarda gara i campioni in carica del Casale. Infine si segnala ciò che avvenne a Novara, dove la squadra di casa vinse ampiamente (11-1) contro i milanesi del Savoia; questi ultimi, contrariamente a ciò che prevedeva il Regolamento della Federazione, si presentarono alla partita senza la squadra di riserva poiché, come si legge su La Stampa proprio “la sera prima la Società deliberò il suo scioglimento, dichiarando forfaits su tutti i campi di giuoco”.
Nella seconda giornata si registrava un primo risultato a sorpresa a Torino, dove nella stracittadina la Vigor, confermando quanto di buono fatto vedere nella partita inaugurale, batteva la Juventus per 3-2, segnando il punto della vittoria al 43° della ripresa grazie a Sandri. Meglio gli juventini nel primo tempo, sicuramente più efficaci i giocatori della Vigor nella ripresa. Per il resto, facili vittorie per il Milan sull'Associazione milanese del calcio (5-0) e dell'Internazionale sul Modena (8-0), mentre il Novara vinceva un incerto e combattuto match sul campo della milanese Libertas per 3-2, dopo aver chiuso in vantaggio il primo tempo per 2-1.
Il 16 ottobre moriva il marchese di San Giuliano e Salandra assumeva l'interim degli Esteri che sarebbe quindi passato a Sonnino con il nuovo governo Salandra che sarebbe entrato in funzione il 5 novembre.

mercoledì 1 ottobre 2014

L'arbitro in Italia

Da noi la storia degli arbitri si è soliti farla partire da una data ben precisa, il 27 agosto 1911, da quando cioè a Milano in una sala del ristorante “L'Orologio” venne costituita l'Associazione Italiana Arbitri, primo presidente Umberto Meazza. Se la storia inizia con il 1911, di arbitri se ne inizia a parlare (e discutere) diversi anni prima.
In principio furono gli inglesi.
Anche qui. Nel senso che in principio le squadre si facevano arbitrare dai rispettivi capitani che erano (quasi) sempre inglesi. A volte, anche, si giocavano partite senza arbitri: ce ne fornisce una bella testimonianza su “Lo Sport Illustrato” in un numero del 1915 Kilpin, pioniere dell'Internazionale Torino prima e bandiera del Milan poi (e arbitro egli stesso).
Comunque fosse, le prime partite disputate sotto l'egida della F.I.F. erano dirette da giocatori stranieri, quasi tutti inglesi e qualche svizzero. Pare bello ricordarne i nomi: Savage, Allison, Weber, Leaver. Quindi i primi arbitri erano giocatori delle varie squadre, e il particolare – caro Frankie – non suonava affatto strano.
Dopo i primi anni, si andò formando una prima “leva” arbitrale italiana: il football veniva praticato con sempre maggior seguito, le squadre si ingrossavano di nuovi giocatori, italiani, e quindi, anno dopo anno, gli italiani andarono ad affiancarsi agli stranieri nel ruolo di arbitro. Anche in questo caso vale la pena ricordare alcuni nomi: Ferrero di Ventimiglia, Nasi, Umberto Meazza. Quest'ultimo è lo stesso che legherà il proprio nome alla prima presidenza dell'A.I.A. e alla Commissione selezionatrice della prima nazionale, nel 1910.
Quando viene fondata l'A.I.A. siamo negli anni del primo piccolo boom del football in Italia: ai primi capitani si aggiungono altri nomi nelle liste arbitrali, compaiono i nomi dei fratelli Pasteur, di Spensley, Kilpin e Calì, solo per ricordare i più famosi. E dell'arbitro si inizia a parlare anche nelle prime pubblicazioni dedicate al football. Senza fare qui la storiografia della manualistica di settore, vale senz'altro la pena citare un piccolo manuale edito da Sonzogno nel 1909 che dedica una sezione alla figura dell'arbitro. L'autore si lancia in una serie di raccomandazioni, alcune anche divertenti se lette con gli occhi di oggi: un buona arbitro, per esempio, doveva essere “severamente puntuale”, arrivare con largo anticipo al campo e controllare con precisione dimensioni delle porte, tracciatura delle linee, altezza delle bandierine, ecc.; oltre a ciò, il buon arbitro avrebbe dovuto dotarsi di un “buon orologio, meglio un cronometro, un libriccino col lapis per segnare l’ora in cui si è iniziato il giuoco ed il numero delle porte o quegli altri particolari che egli crederà necessari”.
Insomma, è l'arbitro che tutti noi conosciamo.
Come dite? Le polemiche? Eh, ci arriviamo...
Ben presto il football dalle nostre parti ottiene un buon seguito di pubblico, gli spettatori si identificano nelle squadre e iniziano le prime manifestazioni di tifo. Siamo ormai nel secondo decennio del XX secolo, le rivendicazioni sociali si mescolano alle tensioni internazionali, irredentismo, mancanza di lavoro e sentimento anti austriaco si fondono in un latente malessere che da lì a pochi anni troverà sfogo nel primo conflitto mondiale.
Intanto si va al campo a tifare e a creare, sempre più spesso, disordini.
Senza neanche bisogno di dirlo, il bersaglio che accomunerà i tifosi delle varie squadre viene identificato nell'arbitro, poveretto. Complici diversi pacchiani errori commessi da alcuni arbitri e polemiche a volte stucchevoli tra i dirigenti dell'epoca, fatto sta che si inizia anche in Italia a prendersela con l'arbitro. A puro titolo di esempio, c'è da ricordare il grave episodio accaduto a Milano, il 23 gennaio 1910, dopo Milan – Juventus. Durante la partita l'arbitro, Meazza, venne spesso contestato dal pubblico e dai giocatori milanesi, ma fu al termine dell'incontro che il buon Meazza se la vide davvero brutta, quando, sulla via di casa, venne inseguito ed accerchiato da numerosi tifosi milanisti, tra i quali anche alcuni giocatori dello stesso club.
Come avrete capito, siamo arrivati all'iconografia “dell'arbitro cornuto” tanto famigliare a chi segue il calcio oggidì, pertanto mi fermo qui.